Adobe abbandona il PostScript… e noi che scelta abbiamo?

Eccoci arrivati di nuovo ad una svolta dove vediamo tutti i nostri progetti archiviati e messi sotto esame dalla consueta imposizione da parte delle big digital, anche se dobbiamo dare a loro atto che l’avviso di questa piccola rivoluzione è stato dato da diverso tempo. Artha quindi non si è fatta trovare impreparata, affrontando il cambiamento come un’opportunità per accrescere il nostro know-how in termini di produttività e condividendo con tutto il team, i suoi clienti e fornitori le informazioni e i processi a disposizione.

Per chiarire l’argomento, dobbiamo fare un passo indietro. Fu Adobe che nel 1984 presentò le font PostScript (le famose Adobe Type1 prese in esame), le promosse come l’ultima frontiera informatica, adottata per risolvere le problematiche di stampa legate ai software di desktop publishing, visto che il linguaggio di descrizione era lo stesso delle stampanti, il famoso e famigerato PostScript. Oggi sono le stesse fonts, che non saranno più supportate dall’omonima creative suite e dovranno essere sostituite (probabilmente saranno ancora “digerite” in alcune applicazioni cloud, presumibilmente Acrobat.com o quanto caricato e condiviso in Document Cloud precedentemente a questo gennaio).

Certo le Adobe Type1, nascono quasi trent’anni fa, hanno agevolato sia la comunicazione con i sistemi di stampa, molte volte però sono state la causa di crash di sistema che toglievano il sonno (le famose bombe di Apple), le stesse font andavano in conflitto con le font di sistema operativo del personal computer che utilizzavano le font TTF (TrueType Font). Fu questo problema probabilmente che diede l’opportunità al mondo dell’informatica di far collaborare a metà degli anni ’90 i team di sviluppo Adobe e Microsoft, gli stessi iniziarono a percorrere una strada comune, lo scopo era di migliorare la compatibilità in entrambi gli ambiti (di sviluppo e produttivo), iniziarono a svilupparli tenendo in considerazione quello che oggi è il linguaggio più comune e versatile delle font: l’OpenType.

Di conseguenza negli anni ’90, per ovviare al disagio creato dai due linguaggi, il tampone delle big digital Adobe, Apple, Microsoft e molti altri meno noti, è stato quello di sviluppare dei software per la gestione dei caratteri sui personal computer (ecco alcuni esempi: Libro Font, ATM, Suitcase ecc…), questi programmi davano l’opportunità all’operatore di fare un controllo preliminare sull’integrità della stessa font e la sua compatibilità di sistema semplificando così la vita di tutti.

Le opzioni non erano certo  infinite ma Artha ha scelto ciò che ha ritenuto più naturale a livello di evoluzione, continuando a seguire questi cambiamenti in un’ottica di sviluppo, riconfermando ad Exstensis la sua fiducia e integrando in struttura il nuovo Server Connect Fonts per garantire il massimo dell’efficienza in termini di performance e della sua futura crescita informatica. “Del doman non v’è certezza…” (cit.)

Per saperne di più:
https://helpx.adobe.com/it/fonts/kb/postscript-type-1-fonts-end-of-support.html
https://www.adobe.com/it/products/type/opentype.html
https://www.extensis.com/connect/fonts

ARTHAtech di Vito Piantanida | Gennaio 2023